Killer del catamarano, trent'anni dopo il delitto è di nuovo in fuga

 Filippo Antonio De Cristoforo

E' di nuovo in fuga Filippo De Cristofaro , il 'killer del catamarano' , condannato in Italia all'ergastolo per aver ucciso, nel giugno 1988, la skipper Annarita Curina , a colpi di machete. Il 63enne ex ballerino noto alle cronache con il nome di “Rambo” ha fatto perdere le proprie tracce in Portogallo dove era stato rimesso in libertà lo scorso 15 ottobre, quando la magistratura locale lo ha scarcerato “per decorrenza dei termini" senza avvertire le istituzioni italiane. Per la giustizia portoghese era in cella, in attesa di processo, solo per possesso di documenti falsi.

De Cristofaro era già evaso nel 2007 dal carcere di Milano-Opera e nel 2014 dal penitenziario di Porto Azzurro all'Elba, fino al nuovo arresto nel maggio scorso vicino Lisbona.

La vicenda dominò a lungo sui giornali di fine anni '80, sia per la brutalità del delitto che per i contorni torbidi della vicenda.

I protagonisti:

  • Filippo De Cristofaro : ribattezzato “Rambo” è il killer del catamarano
  • Diana Beyer : olandese, amante di Filippo e complice del delitto
  • Annarita Curina : skipper 33enne e proprietaria del catamarano preso in affitto dalla coppia

La ‘pesca’ che dà il via del indagini

Il 28 giugno del 1988 l’equipaggio del peschereccio “Azzurra ´83”, al largo di Senigallia scopre tra le maglie delle reti da pesca un corpo avvolto in una coperta e zavorrato con un’ancora di 17 chili legata alle caviglie. Il volto è sfigurato dai colpi di machete. La macabra scoperta dà il via alle indagini.

Il viaggio verso Ibiza finito in massacro

Gli investigatori identificano quasi subito la donna: il 10 giugno Annarita Curina era salpata dal porto di Pesaro diretta a Ibiza in compagnia del 39enne Filippo De Cristofaro - divorziato e papà di una bambina - e di Diana Beyer, diciassettenne amante dell’uomo da circa quattro anni. La coppia aveva affittato l’imbarcazione e la skipper avrebbe dovuto accompagnarli fino all’isola delle Baleari. Ma così non era stato: subito dopo la colazione i due ospiti avevano prima stordito la donna con del Valium e poi l’avevano massacrata a colpi di machete . Poi si erano sbarazzati del cadavere avvolgendolo in una coperta e legando un’ancora alle caviglie.

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Il sogno polinesiano

Filippo e Diana, Rambo e Lolita, come verranno ribattezzati dai media, vogliono fuggire dalla loro vita, raggiungere la Polinesia e una volta li vivere la loro storia . Per riuscirci sono disposti a tutto. Anche ad ammazzare la proprietaria del catamarano per rubare l’imbarcazione che gli avrebbe garantito un futuro. Le cose non vanno secondo loro piani. Per camuffarsi la coppia cambia il nome del catamarano in “Fly2” al Porto di San Giorgio, nelle Marche, dove sale al bordo anche Pieter Gronendijk, un amico olandese di 27 enne che risulterà essere estraneo ai fatti. Insieme fuggono per settimane per tutto il Mediterraneo.

La cattura e le condanne

Dopo 40 giorni, De Cristofaro e la fidanzata vengono catturati in Tunisia ed estradati in Italia. Diana viene processata dal tribunale dei minori, il 17 dicembre 1988, e condannata a sei anni e sei mesi di reclusione. De Cristofaro viene condannato a 30 anni in primo grado, pena tramutata nell’ergastolo in appello e in Cassazione, il 5 giugno 1991.

Un killer perennemente in fuga

Di scontare la sua pena, però, De Cristofaro non vuole saperne, tanto che fugge dal carcere tre volte : la prima nel 2007 dall'istituto di Opera (Milano) . Approfittando di un permesso premio, Rambo si dà alla macchia fino al mese successivo, quando viene catturato ad Utrecht, in Olanda, dalla Polizia olandese. A novembre dello stesso anno Rambo viene estradato da Amsterdam e rinchiuso nel carcere romano di Rebibbia. La seconda fuga risale all’aprile del 2014. Anche in questo caso approfitta di un permesso premio di tre giorni concesso per Pasqua dal 19 al 21 aprile e fugge dal penitenziario dell’Isola d’Elba.

Il 20 maggio del 2016, dopo due anni di latitanza, il killer del catamarano viene catturato dalla polizia italiana e portoghese a Gamalares, vicino Sintra , a 30 chilometri da Lisbona. Come era riuscito a farla franca? “E’ intelligente, esperto informatico, un giramondo in grado di parlare molte lingue e di fare ogni lavoro”, dirà di lui il capo della Mobile Virgilio Russo.

  • Venerdì 1 settembre 2023

La ricerca di un catamarano e le continue fughe di un condannato per omicidio

Nel giugno del 1988 il corpo di una donna venne ritrovato al largo della costa marchigiana. iniziò così una storia che non è ancora conclusa.

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Il 28 giugno 1988 il corpo di una donna rimase impigliato, al largo della costa marchigiana, nelle reti di un peschereccio. La donna si chiamava Annarita Curina, era una skipper: era stata uccisa e gettata in mare legata a un’ancora del peso di 17 chili. Era partita il 10 giugno da Pesaro con la sua barca, un catamarano, l’Arx. Con lei a bordo c’erano due persone, un uomo di 35 anni e una ragazza di 17.

Quella barca fu cercata nel mare Adriatico, poi in tutto il Mediterraneo. Era stata avvistata al largo della Puglia, poi in Sicilia, infine vene trovata ormeggiata in Tunisia. L’uomo e la ragazza, a cui si era unita una terza persona, fuggirono a cavallo, verso l’Algeria.

Le due nuove puntate di Indagini raccontano di fughe continue, di un rapporto squilibrato tra un uomo e una ragazza molto giovane, di un omicidio pianificato, di come la giustizia abbia affrontato le responsabilità di un adulto e di una minorenne, di come avvenga la ricerca dei latitanti in tutto il mondo e di come un uomo sia riuscito a fuggire per tre volte.

Le due puntate sono disponibili da oggi sull’app del Post ( scaricala qui ) ma anche sulle principali piattaforme di podcast, come Spotify , Apple Podcasts , Amazon Music e Google Podcasts .

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Delitto del catamarano, le cose da sapere

Redazione

La latitanza di Filippo Antonio De Cristofaro, meglio noto mome ‘il killer del catamarano’ si è conclusa in Portogallo una...

Delitto del catamarano, le cose da sapere

La latitanza di Filippo Antonio De Cristofaro, meglio noto mome ‘il killer del catamarano’ si è conclusa in Portogallo una mattina di metà maggio. La polizia di Ancona è riuscita a catturare l’uomo colpevole dell’omicidio della skipper pesarere Annarita Curina, evaso per ben due volte dopo essere stato condannato in via defnitiva all’ergastolo nel 1988. L’ULTIMA PROVA DI FUGA. «Non sono l’uomo che state cercando», avrebbe detto De Cristofaro alla vista degli agenti. Secondo quanto riportato dal Messaggero , l’uomo – fuggito dal carcere nel 2014 per la seconda volta – avrebbe anche tentato la fuga, un ultimo disperato tentativo di resistere alla legge. De Cristofaro aveva ucciso la skipper con la complicità dell’amante olandese Diana Beyer, per rubare il catamarano della vittima. IN TRENO VERSO LISBONA. Quando è stato fermato, De Cristofaro viaggiava in treno verso Lisbona. Baffi, pizzetto, capelli corti, con indosso una maglietta a fiori e scarpe da tennis marroni uguali (o forse erano le stesse) a quelle calzate due anni fa al momento dell’evasione. De Cristofaro usava un’identità falsa, quella del fantomatico Andrea Bertone. Il ‘killer del catamarano’ è apparso sorpreso dal controllo degli agenti ma, dopo un tentativo di negare la propria vera identità, si è ‘sciolto’ in una risata «liberatoria o più probabilmente nervosa» – secondo il capo della Squadra Mobile di Ancona Virgilio Russo – «e si è anche complimentato con i poliziotti». Aveva con sé, oltre a 5.900 euro in contanti, un passaporto, una carta d’identità e una patente nautica, tutti falsi e intestati al nome appunto di Andrea Bertone.

Il piano per fuggire in Polinesia

Nell’estate del 1988, il ‘giallo del Catamarano’, un delitto efferato seguito da una fuga senza speranze degli assassini, occupò le cronache per mesi. De Cristofaro e Beyer avevano affittato il catamarano della Curina per le vacanze, ma il vero piano dei due amanti era di impadronirsi dell’imbarcazione per poi fuggire in Polinesia. FINITA A COLPI DI MACHETE. Il 10 giugno Diana, che secondo i giudici aveva agito spinta dall’amante, pugnalò la Curina a un fianco, mentre De Cristofaro finì la vittima a colpi di machete. Il cadavere della skipper fu ripescato il 28 luglio 1988 al largo di Senigallia, mentre a bordo dell’imbarcazione era già salito un amico olandese della coppia, Pieter Gronendijk, in seguito condannato per il furto del natante.

La prima cattura in Tunisia

I due olandesi e l’italiano furono poi rintracciati dalla polizia in Tunisia, mentre tentavano di fuggire a piedi dopo aver abbandonato la barca. SEI ANNI PER BEYER. Diana fu condannata a sei anni e sei mesi di carcere per concorso in omicidio, ma in cella scontò solo 15 mesi avendo ottenuto la libertà condizionale e quindi l’assegnazione a una comunità di fratellanza nei pressi di Grosseto. In primo grado a De Cristofaro era sta inflitta una condanna a 38 anni, trasformata in ergastolo nel processo di Appello confermato in Cassazione.

La fuga dal lavoro esterno

Per fuggire De Cristofaro aveva approfittato nel 2014 di un permesso premio di tre giorni ottenuto per la Pasqua, dal quale non era rientrato come del resto aveva fatto il 6 luglio 2007. Un mese dopo la prima fuga  era statto rintracciato a Utrecht, la città della Beyer, che nel frattempo si era ricostruita una vita. BUONA CONDOTTA. Sulla base di una valutazione favorevole sua condotta, De Cristofaro aveva ottenuto il lavoro esterno al carcere, che effettuava sull’Isola di Pianosa, dove svolgeva attività di manutenzione degli spazi  nell’ambito di un progetto gestito dall’amministrazione penitenziaria. Sia i nuovi permessi premio sia il lavoro esterno erano stati concessi sulla base di una valutazione favorevole della condotta del detenuto fatta dall’equipe dell’istituto penitenziario e delle relazioni degli altri organi sulla sua pericolosità, poi vagliate dai magistrati di sorveglianza.

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Un podcast racconta “Il giallo del catamarano”

Un delitto che sconvolse senigallia e l'italia il 28 giugno 1988: l'assassino 㨠ancora latitante.

Filippo De Cristofaro

Su Spotify un podcast ricorda il Giallo (o Delitto) del Catamarano, che fu al centro della cronaca nera in Italia nel 1988.

Un giallo che sconvolse l’Italia in quella calda estate, in cui Annarita Curina, skipper pesarese di 34 anni, venne uccisa in mare: il suo corpo fu ritrovato al largo di Senigallia il 28 giugno 1988.

Per l’omicidio vennero condannati Filippo Di Cristofaro, 34 anni, e Dina Beyer, 17.

Beyer ha scontato la pena, De Cristofaro, dopo più di una rocambolesca fuga, da qualche anno è di nuovo latitante e introvabile, dunque non ha scontato l’ergastolo a cui era stato condannato.

Il podcast che racconta la vicenda può essere ascoltato su Spotify, nel programma Demoni Urbani, puntata del 28 agosto. https://open.spotify.com/episode/54Lw5j3JKhIQaImtyJsqzX?si=6TSYd88ATjyuDARpujZUPQ&nd=1

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Il cold case e la scomparsa dall’isola d’elba

Arrestato il killer del catamarano era evaso dal carcere nel 2014 «complimenti, mi avere trovato», fermato in portogallo dalla polizia di ancona filippo antonio de cristofaro, condannato nel 1988, in via definitiva, alla pena dell’ergastolo per l’omicidio di annarita curina, 34enne skipper pesarese, per rubare il catamarano. la donna fu uccisa con un machete, di alessandro fulloni.

Filppo De Cristofaro, il   killer del catamarano,  nell’arresto del  1988 in Tunisi (Ansa)

«Complimenti, non pensavo che la polizia di Ancona mi avrebbe perseguitato fino a questo punto». Una frase che avrebbe voluto suonare beffarda, ma che non è riuscita invece a dissimulare la rabbia per essere stato scovato. È finita così la latitanza in Portogallo, dopo due anni dalla sconcertante evasione, di Filippo Antonio De Cristofaro, condannato nel 1988, in via definitiva, alla pena dell’ergastolo per l’omicidio di Annarita Curina, 34enne skipper pesarese, per appropriarsi del suo catamarano. Il corpo della donna venne poi trovato in mare, a Senigallia, e l’uomo fu accusato anche di occultamento di cadavere. Una storia che quasi trent’anni fa fu seguitissima da stampa e tv, con quell’imbarcazione in fuga per tutto il Mediterraneo e introvabile per circa 40 giorni tra giugno e luglio. Approdato in Tunisia, stremato, senza viveri e soldi, venne arrestato assieme alla sua fidanzatina olandese Diana Beyer complice nel delitto. La cattura, venerdì mattina, di De Cristofaro è stata possibile grazie alla cooperazione tra i poliziotti della squadra mobile di Ancona, quelli dello Sco, i nuclei speciali della polizia portoghese ed il coordinamento di Eurojust. Gli agenti erano da tempo - letteralmente - sulle sue tracce: lo skipper è infatto stato acciuffato grazie a un’indagine vecchio stampo. Il percorso di fuga ricostruito grazie a piccoli indizi, pagamenti online, scontrini. Sono scattati accertamenti su movimentazione di piccole somme sul web. «Prima ha cercato di negare, squadernando anche un documento falso - racconta Virgilio Russo, il capo della mobile - poi ha ammesso e ci ha fatto i complimenti, sorridendo». Il latitante, che si era rifugiato in un anonimo villaggio a 30 chilometri da Lisbona, aveva un passaporto una carta di identità ed una patente nautica italiane contraffatte ed intestate ad un nome di fantasia, Bertone Andrea, nonché 5.900 euro in contanti.

De Cristofaro e l?omicidio del catamarano

De Cristofaro e l’omicidio del catamarano

L’evasione nel 2014

De Cristofaro era sparito dal 2014 dopo che per la giustizia era divenuto affidabile. Gi erano stati dati i primi permessi a dicembre 2013: poche ore, con l’obbligo di rientrare in carcere. Poi, per Pasqua di quell’anno, il premio per la buona condotta si era trasformato in una «tre giorni» da trascorrere nei locali dell’associazione di volontari Dialogo di Portoferraio ma con il divieto di abbandonare l’isola d’Elba.

La fuga dal carcere di Opera

Lo skipper era già evaso, dal carcere milanese di Opera, nel 2007. Ma i regolamenti non impediscono, dopo sette anni, di bloccare i benefici della legge Gozzini. Così uscì dal carcere di Porto Azzurro e al terzo giorno di permesso ha scelto di tornare «il killer in fuga» raccontato da tv e giornali nel 1988, quando era scappato verso la Tunisia in barca insieme alla fidanzata, l a 17enne Diana Beyer, che oggi ha 42 anni e tre figli, ma allora fu la prima a pugnalare la vittima dopo averla narcotizzata con il valium nel caffè. Per uccidere, venne usato un machete. E nel 2007, durante la prima evasione, Filippo era stato arrestato proprio a Utrecht, non lontano dalla casa dell’ex compagna.

Lo stavano cercando dal 21 aprile 2014, quando avrebbe dovuto rientrare in cella. L’allarme scattò con un gravissimo ritardo: De Cristofaro avrebbe dovuto firmare il registro di presenza la mattina alle 10 al comando dei carabinieri di Portoferraio. Non lo fece, ma la notizia del non rientro arrivò all’ufficio del giudice di sorveglianza soltanto alle 22. Dopo due anni è stato ritrovato.

Le indagini

«Una svolta alle indagini c’è stata a fine dello scorso mese di ottobre, quando abbiamo ristretto il cerchio dopo aver percorso mezza Europa dietro tracce che lui aveva lasciato veramente - oppure probabilmente - a seguito di depistaggi organizzati da lui per evitare la cattura» spiega Russo. Gli investigatori sono arrivati a lui «per un insieme» di cose, «un’analisi comparata delle tracce che lui aveva lasciato sia fisiche che elettroniche», aggiunge. Al momento della cattura ha «dapprima esibito un documento falso ma poi, di fronte alla smentita dei nostri operatori che ben lo conoscevano, ha fatto loro i complimenti». Dopo l’arresto è intervenuto anche il ministro dell’Interno Alfano. «Un altro latitante in meno. Questa operazione conferma ancora una volta che non si sfugge alla giustizia e che chi sbaglia deve pagare».

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"Un premio all'omicida". E l'assassino di Anna resta libero

Mentre la complice ha scontato la pena, Filippo De Cristofaro, autore dell’omicidio della skipper Anna Curina, è riuscito a evadere. Le critiche dell’avvocato Stefano Tornimbeni: “La valutazione del magistrato di sorveglianza lascia sgomenti”

"Un premio all'omicida". E l'assassino di Anna resta libero

Rubare a ogni costo il catamarano dell’amica 31enne pesarese Anna Curina e veleggiare in tutto il mondo. È stato questo il movente che ha spinto la coppia formata dal 34enne Filippo De Cristofaro e dalla 17enne Diana Beyer a compiere un atroce delitto . Milanese lui e olandese lei, per raggiungere l’obiettivo, De Cristofaro e Beyer hanno massacrato Curina. Il corpo della vittima è stato gettato in mare appesantito con un’ancora da 17 chili. Il piano diabolico è stato messo a segno mentre l’imbarcazione viaggiava a largo di Senigallia, in provincia di Ancona, ma è durato poco: 18 giorni dopo, un peschereccio che pescava a strascico ha recuperato il cadavere e gli assassini sono stati arrestati. Il crimine commesso il 10 giugno del 1988 è passato alla storia della cronaca nera come il “ delitto del catamarano ”. L’autore dell’omicidio, condannato all’ergastolo, dopo un secondo permesso premio, è fuggito e oggi è " uccel di bosco " come lo definisce il legale della famiglia di Anna Curina, Stefano Tornimbeni . “Per il magistrato di sorveglianza – spiega l’avvocato a IlGiornale.it - evidentemente l’ipotesi di una nuova fuga era una considerazione troppo complessa da elaborare”.

Le fasi che hanno preceduto il delitto

Uniti da amore ma anche dalla passione per i viaggi in barca a vela , Filippo De Cristofaro e Diana Beyer si erano conosciuti durante un viaggio di lui in Olanda. Il milanese era separato e con una figlia, lei invece era libera e ha deciso di abbandonare i genitori per fuggire con l’uomo della sua vita, condividendone tutte le esperienze in mare. Poi è arrivata l’occasione: un amico comune della coppia e di Anna Curina li ha messi in contatto. Così è stata pianificata la partenza verso le Baleari. Qui è maturata l’idea omicida di De Cristofaro: “ Questa - avrebbe detto secondo fonti Ansa il milanese alla fidanzata - è l’occasione buona per andare finalmente io e te in Polinesia. Ma per avere il catamarano dobbiamo far sparire lei ”. Dopo uno screzio nato nella coppia, a causa di De Cristofaro che lamentava di dover fare sempre tutto da solo, Beyer, per compiacerlo, si sarebbe offerta di uccidere la skipper: “ Se vuoi, ci provo io ”, avrebbe detto. Alla proposta della fidanzata De Cristofaro si sarebbe detto favorevole, consigliandole di uccidere la Curina con un colpo alla testa. Proposta respinta al mittente: “ Non me la sento - avrebbe risposto la Beyer - il sangue mi fa impressione. Perché non proviamo invece col veleno? ”. Accordo raggiunto.

Filippo De Cristofaro

L’omicidio di Anna Curina

Erano le 13.30 circa del 10 giugno quando Anna Curina e la coppia ospite a bordo del suo catamarano Arx sono partiti dal porto di Pesaro. Poco dopo il piano diabolico è stato messo in atto. Il milanese ha preparato delle gocce di ansiolitico che la Beyer ha versato nel caffè della skipper. Lui sapeva già che quella medicina non avrebbe avvelenato la donna, rivelandolo alla fidanzata solo in un secondo momento. L’obiettivo di De Cristofaro era infatti quello di stordire la vittima per ucciderla in modo violento. Dopo aver bevuto qualche sorso la Curina ha notato un sapore strano facendo sorseggiare la bevanda al suo ospite per un parere. L’uomo, fingendo di bere, le ha dato ragione buttando il liquido in mare.

Poco dopo la skipper, avvertendo dei dolori allo stomaco si è ritirata in cabina per riposare. Un malessere che via via è andato scemando. Proprio per questo motivo De Cristofaro ha consegnato alla fidanzata un coltello spingendola a commettere il delitto: “ Ti amo tantissimo – le avrebbe detto - se farai questo per me non lo dimenticherò per tutta la vita ”. Accompagnata dal fidanzato, la 17enne è entrata in cabina, colpendo la skipper a un fianco. Vedendo Curina sanguinare, Beyer è fuggita terrorizzata. Subito dopo De Cristofaro è entrato in cabina per prestare un finto soccorso alla donna. L’ha accompagnata fuori con la scusa di tamponarle le ferite e invece, con tre colpi di machete in testa, l’ha uccisa. Il cadavere è stato avvolto in una coperta e legato a un’ancora di 17 chili. Poi è sprofondato nel mare.

Il catamarano di Anna Curina

La scoperta dell’omicidio

Consumato il delitto, la coppia ha continuato il viaggio e, il giorno dopo, De Cristofaro ha dato appuntamento a un amico, Pieter Groenendijk, a Porto San Giorgio. Da qui l’uomo di origini olandesi si è imbarcato il 12 giugno a bordo dell’Arx, ribattezzata Fly2 dall’assassino. Per i tre ha avuto quindi inizio il viaggio verso la Sicilia. La navigazione è andata avanti ed è trascorsa bene per diversi giorni. Fino 28 giugno, quando i navigatori hanno deciso di puntare verso la Tunisia. Contestualmente, a largo di Senigallia, il peschereccio Azzurra83 ha recuperato casualmente il cadavere di Annarita Curina. Il ritrovamento di quel corpo ha fatto in poco tempo il giro di tutti i media e, mentre i tre si dirigevano nella nazione africana, hanno appreso dalla radio la notizia. Per la coppia era giunto il momento di scappare . Arrivati in Tunisia, i tre hanno abbandonato il catamarano fuggendo a piedi. Il 19 luglio la polizia tunisina li ha intercettati e arrestati.

La condanna degli assassini

La coppia non ha avuto il tempo di concordare un’unica versione dei fatti prima della cattura. Però il milanese, secondo gli inquirenti, avrebbe detto alla fidanzata di assumersi la responsabilità del reato: “ A te non possono punirti – avrebbe suggerito l’uomo – perché sei minorenne. Se ti prendi la colpa ci riabbracceremo presto ”. Ed è stato così che la Beyer ha detto di aver ucciso da sola la Curina. Il movente: gelosia. Le spiegazioni della ragazza però non erano convincenti e così, dopo un lungo interrogatorio, De Cristofaro è crollato, confessando di avere ucciso la skipper per impossessarsi della sua barca. Per lui è arrivata la condanna all’ergastolo, confermata dalla Corte di Cassazione il 5 giugno del 1991. Per la Beyer invece, il tribunale dei minori, il 17 dicembre del 1988, ha deciso una condanna a sei anni e sei mesi di reclusione. L’olandese Pieter Groenendijk è stato giudicato estraneo al delitto.

Diana Beyer

Le fughe di De Cristofaro: “La valutazione del magistrato di sorveglianza lascia sgomenti”

La condanna di Filippo De Cristofaro non è mai stata scontata in pieno. Nel 2007 infatti l’ assassino è evaso dal carcere per essere ripreso un mese dopo in Olanda e, nel 2014, ha ottenuto un permesso premio che ha sfruttato per un’altra fuga. Catturato nel 2016 in Portogallo, cinque mesi dopo è stato scarcerato per decorrenza dei termini di carcerazione detentiva ed è riuscito ancora una volta a fuggire. Sembra che la pratica di estradizione non sia andata a buon fine, in quanto in Portogallo non è prevista la pena dell’ergastolo.

“Nel 2014 il magistrato di sorveglianza” - spiega a IlGiornale.it l’avvocato che tutela la famiglia di Anna Curina, Stefano Tornimbeni – con una valutazione che lascia sgomenti, ha pensato bene di garantire un altro permesso premio all’ergastolano, che era già evaso una prima volta, dimostrando di non avere alcuna voglia di restare in carcere. E così, in occasione del secondo permesso premio, il criminale si è, guarda caso, reso uccel di bosco. Ma evidentemente per il magistrato l’ipotesi di una nuova fuga era una considerazione troppo complessa da elaborare”.

L’avvocato Tornimbeni esprime il proprio disappunto su più aspetti relativi al sistema giudiziario , raccontando anche il dolore della famiglia di Anna Curina. “Come si può amministrare la Giustizia in questo modo? - chiede l’avvocato, che prosegue - Che considerazione ha dimostrato il magistrato nei confronti dei familiari della povera Annarita Curina? Che considerazione ha dimostrato il magistrato nei confronti delle Forze di Polizia che per ben due volte, per stipendi indecorosi, hanno profuso indicibili sforzi per arrestare nuovamente l’assassino? Di fatto il magistrato non ha considerato in alcun modo né i familiari delle vittime né le Forze di Polizia, essendo troppo occupato a garantire tutte le tutele al criminale, negandole, di fatto, alla parte lesa. La mia indignazione è quella della famiglia Curina che, pur rimanendo sempre lontana dai riflettori, non ha potuto fare a meno di esprimere, tramite me, il proprio sconforto”.

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Omicidio Curina, il killer condannato all’ergastolo evaso dal carcere di Livorno

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Filippo De Cristofaro, condannato all'ergastolo per l'omicidio della skipper pesarese Annarita Curina avvenuto nel 1988, è evaso dal carcere di Porto Azzurro, a Livorno. Secondo quanto si è appreso, l'uomo sarebbe scappato durante un permesso premio ottenuto dall'amministrazione penitenziaria non presentandosi in carcere alla scadenza del permesso. Dopo l'allarme evasione sono subito scattate le ricerche da parte delle forze dell'ordine. De Cristofaro non è nuovo a simili fughe visto che era già evaso in passato in un situazione analoga nel 2007, quando era detenuto nel carcere milanese di Opera. Anche allora l'ergastolano non aveva fatto ritorno nel carcere dopo un permesso premio. In quell'occasione però fu rintracciato circa un mese dopo dalle forze di polizia grazie ad un mandato di cattura internazionale. L'uomo infatti venne rintracciato nei Paesi Bassi, a Utrecht, città della Beyer, il suo grande amore che nel frattempo si è ricostruita una vita.

L'omicidio Curina e la storia di Filippo De Cristofaro

riempì le pagine dei giornali per mesi. Il cosiddetto "giallo del Catamarano" ebbe inizio nell'estate del 1988 quando De Cristofaro e la Beyer affittarono il catamarano della skipper Curina per le vacanze, ma il vero piano dei due amanti era di impadronirsi dell'imbarcazione per poi fuggire in Polinesia. Il cadavere della skipper venne ripescato il 28 luglio dello stesso anno al largo di Senigallia, mentre De Cristofaro e l'olandese insieme ad un amico furono rintracciati dalla polizia in Tunisia, mentre tentavano di fuggire.

La storia di Oscar Pistorius: dall'omicidio della fidanzata all'uscita dal carcere nel 2024

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Il Delitto del Catamarano: Annarita Curina uccisa a colpi di machete

20 Dicembre 2014 da admin Lascia un commento

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Il corpo di Annarita Curina , skipper trentunenne, venne ritrovato da un gruppo di pescatori il 28 Giugno 1988 , al largo di Marzocca di Senigallia, nel Mar Adriatico. Il cadavere, ancora legato ad un’ancora di 17 kg, si presentava dilaniato da colpi di machete.

Indagati per omicidio dal sostituto procuratore Marcello Monteleone, furono  Filippo De Cristofaro , 34 anni, playboy ed ex ballerino, e la sua giovane fidanzata olandese, Diane Beyer , di soli 17 anni. I due, con l’idea di una fuga romantica verso le Baleari, affittarono il catamarano della Curina e la uccisero per impossessarsene.

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In un primo momento Diane confessò l’omicidio scatenato dalla gelosia, ma in un secondo interrogatorio ritrattò spiegando di aver addormentato la skipper con il Valium e di averla colpita con un fendente al fianco. Sarebbe stato De Cristoforo a finirla, a colpi di machete alla testa, il 10 Giugno 1988 .

L’uomo, dal carattere violento e manipolatore, venne condannato all’ergastolo dalla Corte di Cassazione il 15 Giugno 1991 , mentre Diane Beyer scontò sei anni e mezzo di reclusione.

Nel Luglio del 2007 Filippo De Cristofaro evase dal carcere milanese di Opera ma, catturato in Agosto ad Utrecht, venne estradato in Italia, dove tornò dietro le sbarre. Nel 2014 l’uomo scappò nuovamente, stavolta dal carcere di Porto Azzurro. La Beyer, che oggi ha 39 anni, vive in Olanda, dove si è sposata ed è diventata madre. Il 20 Maggio 2016 il De Cristofaro viene rintracciato e arrestato in Portogallo dalla polizia italiana.

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Giallo catamarano, catturato De Cristofaro. Parla l'ex compagna Diana: "Sono molto felice"

Preso in portogallo, vittima skipper di pesaro.

Questura Ancona: squadra mobile, Dante Ciarafani e Roberto Quargnal © ANSA

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Aveva quattro telefoni, compreso un costoso Samsung Galaxy S7 Edge, 5.900 euro in contanti e un mucchio di documenti falsi, ricevuti da un albanese a Milano tra cui un passaporto di penultima generazione, una patente di guida e una patente nautica. Era pronto in ogni momento a scappare di nuovo Filippo Antonio De Cristofaro, 62 anni, il killer del catamarano. Lo testimonia il contenuto del suo zainetto al momento dell'arresto avvenuto sul treno tra Sintra e Lisbona. De Cristofaro è stato fermato dagli agenti portoghesi mentre gli ispettori superiori della Squadra Mobile di Ancona Dante Ciarafani e Roberto Quargnal, che non sono saliti sul convoglio per evitare di insospettirlo, l'hanno atteso all'ultima fermata.

I poliziotti sono arrivati a lui seguendo anche una pista telematica , e con l'aiuto di Skype e Google: l'appunto di De Cristofaro su un indirizzo Skype collegato a un account gmail, un altro account di posta ([email protected]) registrato con i diminutivi del nome indicato sui documenti falsi (Andrea Bertone) in cui compariva la sua vera data di nascita, 7 aprile. E forse, oltre a Skype, De Cristofaro usava anche profili Facebook Andy Berty per tenere i contatti.  Le telecamere piazzate in corrispondenza dei luoghi più bazzicati dal profilo sospetto, hanno fornito il filmato decisivo. Gli ispettori hanno riconosciuto De Cristofaro inquadrato alla stazione di Sintra.

De Cristofaro verrà processato in Portogallo per il possesso di documenti falsi. Poi - l'istanza verrà fatta entro un mese - sarà trasferito in Italia,'In galera per sempre'.

Una sola telefonata al genero, dopo l'arresto, e poche parole: ''Se vuoi dirlo a mia figlia, mi hanno preso. Stavolta torno in galera per sempre''. La figlia Caroline, che vive in Olanda, non vuol più saperne di quel padre ingombrante, e Filippo De Cristofaro, il killer del catamarano, nell'unica telefonata che gli era consentita, ha comunicato al marito di lei che era stato preso sul treno fra Sintra e Lisbona.

Chi ha aiutato il rambo dei mari . Una misteriosa donna portoghese sui 50 anni, non ancora identificata, con cui un vecchio conoscente francese l'ha incontrato in Portogallo; un ex compagno di cella albanese che gli avrebbe procurato un passaporto falso, e altri albanesi che potrebbero averlo aiutato durante la latitanza. Sono le persone di cui Filippo De Cristofaro, il killer del catamarano, si è servito o che ha frequentato negli ultimi mesi, e che la polizia sta tentando di rintracciare per completare il puzzle della lunga fuga dell'assassino della skipper pesarese Annarita Curina. Le zone d'ombra che circondano gli spostamenti dell'ex latitante sono ancora molte.

Arrestato il killer del catamarano . E' stato arrestato in Portogallo dalla Polizia di Ancona, Filippo Antonio "Pippo" De Cristofaro, condannato nel 1991 in via definitiva alla pena dell'ergastolo per l'omicidio di Annarita Curina, 34enne skipper pesarese, uccisa nel 1988 per appropriarsi del suo catamarano. Il corpo fu recuperato da alcuni pescatori e l'uomo fu accusato anche di occultamento di cadavere. La cattura è stata possibile grazie alla cooperazione tra i poliziotti della Squadra Mobile di Ancona, quelli dello S.C.O. della Polizia di Stato, i nuclei speciali della Polizia portoghese ed il coordinamento di Eurojust. Era latitante dal 2014.

De Cristofaro era evaso due volte . La prima, nel 2007, dal carcere di Opera dove era recluso dal 1988. La seconda, dal carcere di Porto Azzurro, nel 2014, dove era stato trasferito dopo la cattura nel 2007. 'Non sono chi cercate' - "Non sono l'uomo che state cercando". Così Filippo Antonio De Cristofaro alla vista degli agenti che lo stavano arrestando. Lo racconta il quotidiano 'Il Messaggero' che anticipa la notizia dell'arresto del latitante diffusa stamattina dalla polizia italiana. Secondo il quotidiano romano, l'uomo - fuggito dal carcere nel 2014 per la seconda volta - ha anche tentato una fuga a piedi, un ultimo tentativo di resistere alla legge. L'arresto è avvenuto due giorni fa e, secondo 'Il Messaggero', per De Cristofaro a breve potrebbe essere concessa l'estradizione dal Portogallo. Elementi per indagare due persone  - Durante le indagini sulla fuga di Filippo De Cristofaro, il killer del catamarano, dall'isola d'Elba nel 2014 sono emersi elementi utili ad "indagare almeno due persone". Lo ha detto il capo della Squadra Mobile di Ancona Virgilio Russo, rispondendo alle domande dei giornalisti su eventuali complicità e sostegni nella latitanza. "Una donna? Ci può stare" il commento del questore Oreste Capocasa. De Cristofaro, che stava scontando l'ergastolo nel carcere di Porto Azzurro, per l'omicidio della skipper pesarese Annarita Curina avvenuto nel 1988, era in permesso premio a Portoferraio per tre giorni, dal 19 al 21 aprile, ma si era dileguato già dal 19.

Parla l'ex compagna Diana, 'Sono molto felice'   - ''Nooo, davvero? Sono così felice!!! grazie...''. Così Diana Beyer in un sms inviato al difensore, l'avv. Marina Magistrelli, che stamani l'ha informata dell'arresto di Filippo De Cristofaro, il suo ex compagno e complice nel delitto del catamarano. Diana, 44 anni, tre figli, il più piccolo dei quali ha 11 anni, vive in Olanda, non ha più rivisto De Cristofaro, ma, ricorda il legale, ''ha ancora molta paura di lui''. ''Oggi ci siamo parlate più volte al telefono, e lei quasi non credeva alla notizia dell'arresto''. 

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Delitto del catamarano, la famiglia di Annarita Curina: "Questo strazio non finirà mai"

Parla il legale della skipper pesarese uccisa nel 1988: "fuga incredibile, i giudici portoghesi hanno trattato de cristofaro, un ergastolano, come un ladro di galline".

Delitto del catamarano: Pippo De Cristofaro e Annarita Curina, la vittima

Delitto del catamarano: Pippo De Cristofaro e Annarita Curina, la vittima

Pesaro, 22 febbraio 2017- L'avvocato  Stefano Tornimbeni   tutela la famiglia di Annarita Curina, la skipper pesarese uccisa da Filippo De Cristofaro nel 1988, e per questo condannato all'ergastolo.

Qualcuno vi ha informato di quest’ultima fuga di De Cristofaro ?

«No. Le autorità non ci hanno mai detto nulla in tutti questi anni. Neppure una telefonata né quando hanno arrestato De Cristofaro né in occasione delle sue puntuali fughe. Le vittime devono farsi da parte, come se non abbiano titolo a sapere».

Annarita ha due fratelli: Michele e Renata. Che cosa le hanno detto?

«Che questa tragedia non finirà mai. Ma si stanno chiedendo in che Paese viviamo, dove un assassino viene scarcerato da quattro mesi senza che la magistratura italiana ne abbia contezza. E’ inaudito».

Che cosa può essere successo?

«Il meccanismo diabolico che ha portato alla sua liberazione non lo conosco, ma ciò che è avvenuto è la prova evidente che vige in questo momento un lassismo sconvolgente. Siamo al festival del lassismo».

De Cristofaro di nuovo libero significa rinunciare per sempre a vederlo in carcere?

«Non so se gli sforzi della polizia verranno di nuovo gettati al vento per gli errori e le sviste della magistratura. So soltanto che il supplizio continua e quel dolore infinito per la morte di Annarita è come se ogni volta diventasse più acuto».

Si è chiesto come sia possibile per De Cristofaro trovare sempre un modo di uscire dalle carceri e soprattutto di girare il mondo con i soldi in tasca?

«Speriamo che la polizia riesca a riacciuffarlo e a svelare le sue protezioni. Perché credo che ne abbia veramente ad alto livello. Non può evadere da un carcere nel 2007, essere ripreso un mese dopo in Olanda, avere un permesso premio nel 2014 che sfrutta per evadere ancora, ripreso nel 2016 e dopo cinque mesi esser di nuovo fuori, accorgendosi dopo quattro mesi che De Cristofaro era uscito dal carcere portoghese fresco e riposato. Deve avere qualcuno che preme per lui, che lo finanzia ogni volta, che gli garantisce documenti e viaggi sicuri».

Crede che questa protesta da parte della famiglia Curina possa essere ascoltata?

«E’ difficile pensare che qualcuno voglia fermarsi ad ascoltare le parole dei familiari di Annarita. Non lo hanno mai fatto in questi trent’anni e non credo che lo facciano ora. Ma come legale della famiglia posso assicurare che cercheremo di avere formalmente delle spiegazioni».

Chiederà di incontrare i magistrati di Milano?

«No, non penso. I giudici portoghesi si sono semplicemente dimenticati di avere a che fare con un ergastolano trattandolo come un ladro di galline. E lo hanno liberato. Il problema è che nessuno dall’Italia ha chiesto informazioni sull’esito dell’estradizione».

Perché la famiglia non ha mai voluto commentare l’evolversi della vicenda?

«Era ed è un modo per cercare di superare quel dolore che non finisce mai. Non vogliono parlarne direttamente, evitando i media».

De Cristofaro li ha mai risarciti?

«La corte d’Appello stabilì che i danni andassero quantificati in sede civile. Noi però non facemmo nulla. La famiglia avrebbe speso soldi per niente. E rinunciò a qualunque pretesa risarcitoria. Si disinteressò anche della vendita del catamarano, che per metà era di Annarita. Con la sua morte era finito tutto».

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Che fine ha fatto Filippo De Cristofaro, l’assassino del catamarano?

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Filippo De Cristofaro , detto Pippo, la conosce da quattro anni. Si chiama Diana Beyer e, nella tarda primavera del 1988 ne ha appena 17. Lo ama follemente e decide di fuggire con lui. L’occasione capita con un viaggio sul catamarano Arx, la cui skipper, Annarita Curina , 34 anni, è laureata in lingue alla Sorbona e grande appassionata di mare. Non sa Annarita, che il viaggio della coppia prevede la sua eliminazione fisica. De Cristofaro pensa di ucciderla e dileguarsi in Polinesia. La uccidono il 10 giugno, a poche ore dalla partenza da Pesaro. Il corpo della Curina viene ripescato al largo di Senigallia diciotto giorni più tardi: è stata stordita col valium e uccisa da una coltellata e tre colpi di machete .

Da qui inizia il giallo, destinato a occupare le prime pagine dei giornali per tutta l’estate: iniziano gli avvistamenti. Ma di persone ne vedono tre, alle Egadi. Dove sono Pippo e Diana e soprattutto, perché hanno ucciso? Si mormora che De Cristofaro abbia tre naufragi alle spalle e si pensa non siano lontani. L’unica è controllare le coste di Tunisia, Algeria e Marocco, affollate di turisti cui mescolarsi. Ma chi è il terzo uomo avvistato, capelli molto chiari tra i 25 e i 30 anni? Il 14 luglio la polizia si dice sicura che siano in Tunisia: li arrestano in effetti lì tutti e tre esattamente sette giorni dopo. L’Arx, vien fuori, era attraccato da giorni al porticciolo di Ghar El Melh . La terza persona, conosciuta fino a quel momento solo come Peter , risulta essere un amico della coppia, Pieter Gronendijk , uno che però col delitto non c’entra nulla: è salito a bordo dopo l’omicidio.

De Cristofaro, 34 anni, decide di parlare ad agosto inoltrato. Ammette il delitto, ma affida ai suoi legali alcune frasi per togliersi di dosso il marchio di “Rambo dei mari” affibiatogli dai giornali: «Non sono io la persona che hanno descritto. Non ho fatto niente per istigare Diana al delitto; tanto meno le ho rivolto frasi come  “fallo per amore mio”  o altre del genere. Quello che è stato detto è falso. Prima di incontrare Diana ho avuto una vita normalissima: anzi, mi pare di aver anche dimostrato qualche capacità. A vent'anni sono andato in Olanda, e lì, nonostante la difficoltà

oggettive di ambientamento che ho incontrato, mi sono presto inserito bene; non per niente ho ottenuto un impiego da contabile in un’azienda, ed è così che mi sono guadagnato anche una posizione sociale rispettabile. Da quando ho conosciuto lei sono entrato in una dimensione diversa . Non sono stato io a condizionare lei; casomai il coinvolgimento è stato reciproco. Non è vero che sono un ladro abituale di barche. Non ho rubato imbarcazioni nè alle Tremiti, nè a Cesenatico, nè a Rimini, come mi si attribuisce». Non lo spaventa la galera, dice. Ma stare lontano da Diana. Diana racconta invece che fu lui a proporre il delitto e lei ad offrirsi di farlo usando il valium, versatole nel caffè. Ma la skipper non lo aveva bevuto tutto. Ed era andata a dormire. Fu a quel punto che De Cristofaro aveva dato un coltello a Diana, invitandola a uccidere Annarita con queste parole: « Ti amo, ti amo tantissimo ; se farai questo per me non lo dimenticherò per tutta la vita». Diana aveva allora colpito Annarita ad un fianco, poi era scappata inorridita dal sangue. E lui era passato al massacro. Al processo Diana, minorenne al momento dei fatti, se la cava con sei anni e mezzo di condanna, dei quali sconta solo 15 mesi. De Cristofaro prende invece 38 anni in primo grado. E poi l’ergastolo. Lei si rifà una vita – ora ha tre figli -. Lui, in teoria, non dovrebbe uscire più. In teoria. Il 6 luglio 2007, nel corso di un permesso premio dalla prigione di Opera, De Cristofaro fugge . Lo ribeccano a Utrecht, proprio la città di Diana , un mese più tardi. Forse davvero la voglia di rivederla era superiore al terrore della galera. Di fatto passano altri sette anni. De Cristofaro usufruisce di un permesso premio per la Pasqua 2014: tre giorni di uscita dal carcere di Porto Azzurro, da trascorrere in una comunità di Portoferraio. E lui sparisce ancora. Diana, attraverso l’avvocato che la difese all’epoca, Marina Magistrelli, fa sapere: «Ho ancora molta paura di lui . Non lo sento da 26 anni, e mi chiedo come sia potuto accadere che Filippo sia evaso di nuovo, per la seconda volta». Chi lo sa. Di certo, da allora, nessuno l’ha più visto.

Edoardo Montolli

frontedeblog.it

Charles Leclerc manda in delirio Milano in vista del Gran Premio di Monza

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Storie maledette "Arx" il catamarano della morte

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